Ave Cesare! - Atto V

[Narratore Montecristo] - Agite pro viribus

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    Thutmose

    Inizialmente il calore, intenso ma non bruciante, quindi l’oscurità.
    Una sensazione piacevole.
    Allora era vero, aveva già pagato.
    L’unica vera sensazione era quella di fluttuare, al di là del tempo e dello spazio, come spiegarlo altrimenti? Nessun bisogno fisico, niente fame ne’ sete, ne’ stanchezza.

    Poi, improvvisa la luce, abbagliante.
    Il fuoco bruciava, uno strazio infinito che pervadeva tutto il corpo.
    Urla di dolore.
    Nessun suono.
    Dolore oltre ogni immaginazione, dolore che non cessava.
    Le membra paralizzate nella sofferenza.
    Il buio, la pace e l’oblio finalmente.
    Silenzio.
    Silenzio.

    Silenzio.

    Terreno duro.
    Buio.


    Tutti gli altri

    Da un’altra parte
    Quattro persone giacciono all’interno di una caverna.
    Si conoscono, una donna romana, un esploratore di origine celtica, un equite e un soldato.
    Indossano a mala pena i loro vestiti e nient’altro.
    Erano stati catturati diverso tempo prima. Quanto, era difficile a dirsi, a causa della perenne oscurità della caverna.
    Uno di loro era in pensiero per la sua cavalcatura. L’animale era di indubbio valore e difficilmente sarebbe stato ucciso. Più facile venisse venduto. In tal caso riaverlo sarebbe stato arduo.
    Erano rimasti in quattro.
    All’inizio erano di più, ma uno alla volta erano stati portati via, finché erano rimasti solo loro.
    Venivano nutriti e dissetati una volta al giorno, o almeno così avevano calcolato, ma senza vedere la luce del giorno era difficile effettuare una stima affidabile.
    La caverna li proteggeva dal calore giornaliero e dal freddo notturno.
    Fino ad ora non erano stati in grado di elaborare un piano per fuggire, inoltre c’era il problema del deserto. Fuori dal loro rifugio si estendeva una distesa di sabbia uniforme. Solo delle guide esperte sapevano come muoversi in quello spazio apparentemente uguale e infinito.
    Le grotte non terminavano lì, quando vi erano stati trasportati, alla luce delle torce avevano scorto dei budelli che si addentravano nel buio e nella profondità delle terra.
    La loro prigione è una caverna grande dieci passi per cinque (15 m per 7.5m), la cui unica apertura era chiusa da delle sbarre di legno, con una porta. Oltre di essa un piccolo corridoio lungo un passo, che svoltava a gomito.
    Alcuni dei prigionieri, ormai spariti, sostenevano ci fosse una specie di stanza delle guardie, non molto grande. Dopo della quale un lungo corridoio che portava in superfice e nelle profondità della terra.
    I prigionieri ripensavano continuamente a come erano finiti lì . Stavano andando a sud, verso Suenet, l’ultimo avamposto civilizzato prima dei Regni Neri.
    L’imperatore aveva ordinato una grande offensiva verso i selvaggi, i cosiddetti demoni neri, che stavano minacciando i confini meridionali, come non succedeva da quasi un secolo.
    Venivano inviate costantemente truppe ausiliarie e mercenari, per pacificare i confini, per far sì che quei selvaggi capissero che non sarebbero stati tollerati loro incursioni, non con quella frequenza e ferocia. L’impero era abituato a subire pressioni dai vicini, ma solo entro certi limiti.
    Quei selvaggi erano andati oltre, meritavano una lezione.
    Mentre la loro carovana andava a sud, verso Suenet, le guide locali dovevano averli venduti, erano caduti in un’imboscata. Troppo pochi cavalieri per riuscire a vincere o ritirarsi, terreno troppo insolito su cui combattere e condizioni ambientali estreme, avevano decretato la loro sconfitta, la resa e la cattura.
     
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  2. OTDEversor
     
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    Quanto tempo era passato?
    Quell’ingresso in quelle misteriose caverne, quasi un altro accesso all’ade, e lo furono per almeno una parte della sua anima se non tutta..
    Quella porta, quel ritorno alla vita, quella rinascita… ed ora di nuovo il buio..
    I ricordi della vita precedente sembravano mescolarsi, ricombinarsi, diventare qualcosa di nuovo.
    Sentiva ancora la sensazione di essere morto, sapeva che a morire era stato Takelot.. ma Takelot in fin dei conti era parte di se stesso in un’altra forma, più libera, più bella…
    I compagni? I compagni di una vita.. chissà dove finirono, chissà se un giorno in questo o quell’altro mondo li avrebbe mai rivisti..
    In quella rinascita sentiva qualcosa di nuovo, forse la visione di un traguardo che mai aveva neppure immaginato.


    Il suolo..
    Tutto buio..
    Controllò con le mani che gli occhi fossero aperti, forse era cieco, forse aveva semplicemente gli occhi chiusi e stava sognando..

    Non so se è buio o io sono mezzo ceco o se sto sognando..

    Cmq se aprendo gli occhi non vedo niente, mi metto a cercare a tentoni molto lentamente quello che c'è intorno
     
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    “Si fece freddo il cuore
    cedere di tremate ali...”


    Valeria aveva smesso di contare i giorni della prigionia, si era ripromessa di tenerne traccia, ma le ombre avevano confuso il suo conteggio ed ora tutto sembrava incerto,..
    Erano ancora vivi, i carcerieri li nutrivano e portavano via i prigionieri uno alla volta lasciando gli altri con il dubbio sulla loro sorte.

    Il medico teneva il volto reclinato di lato e tra le tenebre cercava con lo sguardo la chioma dorata di suo fratello. Le avevano preso anche il ciondolo di Apollo e senza non era diversa da una schiava, quella massa di volti senza voce che l'avevano servita nella villa patronale a Rieti; sembrava passata una vita intera da quei giorni spensierati dove le uniche preoccupazioni erano lo studio ed il tiro con l'arco.
    Lontana dalla sua famiglia, aveva scelto quella vita e non rimpiangeva nulla, Apollo dimorava nel suo cuore così come il ricordo di Flavio ed i suoi dolci ricci biondi. Fuggire sembrava un'impresa impossibile nelle loro condizioni, ma forse una tentata fuga sarebbe stata preferibile al restare in quella grotta ed attendere un giorno infausto.
    Le sbarre erano in legno, non in metallo, ma il rischio di incontrare troppa resistenza rendeva complicato elaborare un piano di evasione e loro erano solo in quattro contro nemici numericamente indefiniti.

    Valeria chiuse gli occhi e si lasciò confortare dal pensiero di Apollo a proteggere il suo cammino; persino tra le ombre c'era sempre la speranza di una flebile luce e lei avrebbe cercato quella luce per trasformarla in fuoco. Non si sarebbe ancora arresa ad una vita di schiavitù o peggio...
     
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    -parlato-
    "pensato"

    No, non poteva finire così. Dopo i mille pericoli cui era scampato, non sarebbe stata una banda di straccioni a porre fine alla sua esistenza. I prigionieri diminuivano di giorno in giorno e non certo per un viaggio di piacere. Rimanevano in quattro: la nobile guaritrice, Il fiero tribuno che al processo aveva avuto parole gentili verso di lui. e quell'esploratore venuto dal nord. Persone di cui si fidava e a cui forse voleva anche un po' di bene... e per un asociale come lui voleva dire molto.
    Doveva tentare qualcosa. Aveva fatto il giro delle grotte più volte, ma in lui c'era più rabbia che concentrazione. Se solo ci fosse stata una piccola via di fuga lui l'avrebbe trovata.
    Il deserto.
    Ci era vissuto per anni. Una volta fuori si sarebbe ritrovato nel suo elemento... ma come...come arrivarci? Si era chiesto mille volte in quante fossero le guardie. Ci sarebbe stato il vecchio trucco di attirare uno di loro vicino alle sbarre... quello grosso con le chiavi. Ma erano troppo furbi, non venivano mai da soli e facevano allontanare tutti con le loro lance. Ci voleva un piano a cui tutti collaborassero, ormai era questione di poco e non avrebbero più avuto il tempo di agire. "Pensa, Septimus...Pensa! Fai un altro giro della grotta... lo so lo hai fatto mille volte, ma forse ti è sfuggito qualcosa..."
    Cerca: lacci di cuoio o pezzi di corda, oggetti contundenti, pezzi di selce o ossidiana affilati, nicchie e nascondigli nella roccia,
    passaggi segreti. Tracce o segni particolari sulle pareti o sul pavimento
    Conoscenze dungeon =7
    Percezione = 7
    Sopravvivenza = 7
     
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  5. Azeot
     
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    Tito sedeva in un angolo, le braccia cinte intorno alle ginocchia, lo sguardo solo all'apparenza perso nell'oscurita' di quella loro triste cella.
    Attendeva.

    Non erano passate che poche settimane dalla sua partenza dall'Urbe. Quella mattina, come ogni altra mattina, si era svegliato alle prime luci dell'alba, nella sua domus sul Viminale. Si era infilato nel chiton e si era recato nel triclinio, dove i servitori avevano preparato la sua solita colazione. C'erano ancora parecchie ore prima che il carro passasse a prenderlo, quindi si era diretto alle terme, lasciando disposizioni ai basternari che l'occorrente per il viaggio venisse preparato e caricato sui muli. Mentre languiva nel calidarium, balneatores presero i suoi abiti del giorno prima e ne portarono freschi.
    Ritorno' alla domus passando per un thermopolium gestito da un suo ex-commilitone e caro amico. Lo trovo' impegnato a pulire il bancone e sistemare i tavoli per l'arrivo della clientela a mezzo di', mentre ai fornelli la moglie mesceva del vino caldo in un piccolo bollitore. "Quindi per quanto non ti rivedremo, Tito?"
    Lui si strinse nelle spalle, sinceramente a corto di una risposta. "Il viaggio per i confini meridionali e' lungo, e le terre oltre ad essi sono ancora piu' grandi. Il tutto dipendera' da quanto i nubici opperranno resistenza, prima di essere soggiogati."
    L'altro gnugni' un assenso ed annui' con fare pensieroso, ma rimase in silenzio. Per un po' nel locale si senti' solo il rumore della strada, dello straccio sul bancone e del vino che bolliva. "Non ti invidio. Ho visto la mia onesta parte di campagne in Dacia, Britannia e Germania, e dalle storie posso immaginare come sara' in Egitto", disse dopo un po'. "Certe volte e' difficile capire come gli imperatori pensano. E tu hai ancora piu' da perdere che altri...". Ed assegnare a te questo incarico e' quantomai strano, dissero i suoi occhi senza che le labbra si muovessero. Inarco' le folte sopracciglia nere, come se si aspettasse una smentita.
    Ma era vero. Erano passati ormai anni dalla Dacia, e Tito era stato piu' che lieto di abbandonare il confine per continuare la sua carriera. Come ogni romano ci sarebbe ritornato prima o poi, ma non ancora per molti anni, non finche' non avesse avuto una stabile base di potere a Roma.
    Ma non si diceva no all'imperatore.
    "Come sempre non hai torto, ed e' inutile per me negarlo. Non posso fare altro che svolgere il mio dovere e ritornare di fronte al Senato con un'ulteriore corona sulla fronte. " Il suo tono solenne fece largo ad un sorriso. L'altro sospiro'.
    "Se baldanza e sicurezza in se stessi bastassero per fare un principe, tu gia' domineresti dalla Lusitania al Ponto"
    "Ah, ma sono esattamente baldanza e sicurezza in se stessi che fanno i Cesari, amico mio."
    "Ma solo la saggezza permette di mantenere il titolo, e la vita. Chiedi a Domiziano" Lo ammoni' l'altro.
    Tito accuso' le parole dell'amico senza fare una piega nella sua aria gioviale. Si congedo' e, riassunta la propria gravitas, fece finalmente ritorno alla Domus, dove trovo' gli schiavi intenti a caricare l'arca con i suoi averi sul carro. Lo schiavo piu' giovane, un verna di dieci inverni che Tito aveva sottratto alla vita nelle arene, teneva Bartadz, il cavallo alano di cui il padrone andava incredibilmente fiero. Tito non avrebbe voluto nessuna altra cavalcatura per il suo viaggio, anche se cio' significava dover sborsare una discreta somma per il trasporto.

    Tito strinse i pugni fino a sbiancare le nocche. Se avevano osato maltrattare Batradz...
    Si costrinse a rilassarsi.
    Inspiro'. Espiro'.
    Prima o poi avrebbero commesso uno sbaglio. Avrebbero abbassato la guardia, credendoli troppo pochi, stanchi e affamati per reagire.
    A quei selvaggi la ferocia, ma la sola ferocia non gli sarebbe bastata per sopravvivere.

    Tito continuo' a sedere i un angolo della sua cella, lo sguardo all'apparenza perso nell'osciruta'. In realta' seguiva i movimenti dei suoi compagni di prigionia, e di Septimus, intento a cercare qualcosa da usare come arma.
    Ed attendeva.
     
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    Il mago, ancora disteso, sbatté più volte gli occhi ma l’oscurità era totale. Con cautela iniziò a toccare intorno a sé con le mani. Roccia, dura roccia fin dove arrivavano le sue mani. Aguzzò allora l’udito. Silenzio.
    Se stava sognando, tutti i suoi sensi ne erano partecipi ed era incredibilmente vivido.
    Il corpo bruciava ancora. Non, non stava andando a fuoco, ma le sue membra sembravano ricordarsene in qualche modo.
    Si sentiva febbricitante e indebolito. Quando aveva mosso mani e braccia i muscoli erano doloranti, intorpiditi. Aveva sete.

    Septimus, Tito, Valeria
    nella loro prigione i quattro superstiti osservavano e attendevano, ciascuno perso nei suoi pensieri.
    L’unico che sembrava un animale in trappola era Septimus che nella semi oscurità continuava a camminare e cercare, qualsiasi cosa che lo aiutasse ad uscire da quella situazione.
    La luce crescente e il suono di passi annunciava l’arrivo delle guardie, come ormai avevano imparato. Septimus si irrigidisce sul posto. O stavano portando da mangiare o venivano a prendere qualcuno.
    Quando la luce delle torce li investì in pieno i quattro prigionieri sbatterono per un momento gli occhi, per tutto il tempo la loro unica fonte di luce era una torcia in prossimità della svolta, troppo distante per illuminare bene la loro prigione.
    Quattro guardie si appostarono davanti alle sbarre, due erano armate di lance, uno aveva una spada ricurva e l’ultima un vassoio in mano, ma una spada legata alla vita. Quest’ultimo appoggiò a terra il vassoio e lo spinse nel piccolo spazio sotto le sbarre, dentro c’era una ciotola d’acqua, qualche dattero e del pane.
    Senza esitare l’uomo arretrò e le quattro guardie se ne andarono.

    @ Dae
    Per il momento la tua ricerca non ha dato frutti, ma puoi ritentare, ti considero interrotto dall’arrivo delle guardie
     
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  7. Azeot
     
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    Tito sfrutto' gli istanti di luce dati dall'arrivo delle guardie per studiare la cella ed i propri compagni.

    SPOILER (click to view)
    Prima di postare, mi do un'occhiata attorno. Se mi puoi dare una descrizione piu' dettagliata della cella e del quarto tipo che e' con noi. Faccio anche una prova di percezione per vedere se scorgo qualcosa di interessante finche' c'e' luce (1d20 puro)
     
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    Septimus, Tito, Valeria
    Mentre i loro carcerieri arrivavano per dar loro da mangiare, Tito osservò più dettagli possibili della loro prigione.
    L’area in cui erano rinchiusi era un rettangolo irregolare, con pareti diroccia e il terreno di terra battuta, dura e compatta. Le sbarre di legno erano grandi quanto un pugno, infissi nel terreno e con quattro travi orizzontali inchiodate a tenerle stabili. Quattro sbarre verticali non terminavano nel terreno, per permettere di far svicolare all’interno il vassoio del cibo, senza dover aprire la porta. Questa sembrava il vero punto debole, non avendo cardini, ma essendo legata alle sbarre.
    Un angolo della prigione era stata adibita a latrina e da lì provenivano olezzi che appestavano l’aria.
    Oltre le sbarre la caverna era abbastanza grande da permettere a dieci guardie di stare allineate tra loro.
     
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  9. OTDEversor
     
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    Quel fuoco magico sembrava ancora bruciare su di lui, qualcosa era cambiato lo sentiva..
    Quel fuoco non aveva bruciato solo l'esterno, sentiva dentro di se memorie legate al fuoco, non sapeva come ma sapeva la sostanza di cui era fatto..

    Ancora attonito si scosse, non poteva stare li al buio per sempre per quanto la situazione fosse strana, si concentrò, frugò intorno a se per e trovato il libro degli incantesimi recitò un noto incantesimo.

    I trucchetti in path si possono lanciare liberamente senza libro o no?

    Cmq lancio "Luci Danzanti" se illuminando non illuminano niente le faccio muovere ai limiti dell'area di controllo in modo da estendere l'area illuminata
     
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    Valeria attese che gli occhi si riabituassero alla tenue penombra della luce della svolta prima di alzarsi e recuperare il vassoio con il cibo. Stavano dimagrendo e non potevano permettersi di non mangiare nulla. Septimus e Tito stavano osservando la loro prigione e lei li invitò a bere un sorso d'acqua e dividersi il cibo. Si assicurò che anche l'ausiliaro con lo sguardo vuoto mangiasse un boccone e prendesse dell'acqua, le sue condizioni la preoccupavano perché sembrava meno attivo rispetto agli altri due uomini. "Non importa il luogo o le precarie condizioni in cui ti trovi, sei pur sempre un medico." pensò di se stessa mentre ragionava su come aiutarlo.

    Faccio una prova di Guarire +7 per capire le condizioni dell'ausiliario o comunque per cercare di aiutarlo un poco.
     
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    - Gratias tibi valde, Domina - Mormorò ad occhi bassi, accettando la ciotola d'acqua. Dopo aver bevuto la poggiò di nuovo sul terreno, attese che i suoi occhi si abiìtuassero di nuovo al buio e ricominciò la sua ricerca. Quando passava vicino alla latrina gli tornarono in mente i ricordi della sua fanciullezza nella Suburra, com'era spensierata la vita a quei tempi... ma ora non c'era tempo di abbandonarsi ai ricordi. Doveva uscire di lì
    Ci dedica ancora mezz'ora non di più, cercando le medesime cose con i medesimi punteggi. Qualsiasi cosa riesca o non riesca a trovare gli viene un'altra idea


    Edited by Daerred - 23/10/2016, 20:46
     
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    Facendo ricordo ai suoi incantesimi il mago egiziano creò quattro sfere luminose. Finalmente poteva vedere lo spazio intorno a sé. Si trovava nuovamente sotto terra, in una caverna circolare, larga cica 4 passi (6 metri). A destra iniziava un corridoio, a sinistra c0era un portale simile a quello che ricordava di aver attraversato in precedenza.
    Questo arco però era rovinato, i caratteri erano in parte danneggiati. Ad un esame un po’ più attento sembrava che qualcuno si fosse divertito a cercare di staccare porzioni di roccia incisa o ad esercitarsi nel tiro a segno.
    A parte questo la stanza in cui si trovava era spoglia.

    Septimus, Tito, Valeria
    Esaminare le condizioni dell’illirico non era facile senza la sua attrezzatura e la collaborazione dell’uomo, ma Valeria dedusse che l’uomo stava sprofondando in uno stato apatico. Aveva sentito di alcuni militari che impazzivano, alcuni diventavano violenti, altri alcolizzati, altri finivano in uno stato di disinteresse per il mondo e la vita, anche la loro,

    Nel mentre Septimus riuscì a smuovere delle pietre, grosse come un pugno dalla parete, non molte, giuste un paio . Una era vagamente appuntita, mentre l’altra era più tondeggiante. le lasciò da parte per bere e mangiare qualcosa.
    Voleva utilizzare quel vassoio e la ciotola, ma presto sentì tornare le guardie.
    Le stesse di prima. Erano venute a riprendere ciotola e vassoio, come al solito dopo poco tempo.
    Tutte tranne una erano armate e pronte a intervenire in caso di guai da parte dei prigionieri.
    All’inizio della prigionia erano state tese e molto guardinghe, ora, avendo visto che non era stato tentato nulla, erano più rilassate, ma in ogni caso vigili.
     
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    Era passata quasi mezz'ora da quando Septimus aveva cominciato a perlustrare la caverna senza tovare un accidente di niente. Preso dalla disperazione cominciò a dare tremendi colpi con il tallone dove sentiva la roccia più friabile, facendosi anche male e finalmente vennero fuori un paio di breccole. Una era decisamente inutilizzabile perché troppo smussata, mentre l'altra era più interessante in quanto aveva una parte vagamente appuntita, un po' convessa ma si poteva tentare qualcosa. Del resto ormai da un momento all'altro sarebbero tornate le guardie a ritirare il vassoio con la ciotola ed era meglio fare i vaghi. Infatti, di lì a poco vide apparire la crescente luminosità delle torce, lasciò cadere le pietre e tornò a sedersi nei pressi dell'entrata per non destare sospetti. Avrebbe avuto tutto il tempo di tentare lo scavo una volta che se ne fossero andati. L'idea, ifatti, era quella di scavare sotto le sbarre della porta, che non aderivano al terreno, quanto bastava per poter uscire e tentare una sortita. Il suo fisico era già smilzo e dopo tutti quei giorni a pane ed acqua... magari, una volta uscito avrebbe poturo sorprendere uno sgherro, farlo fuori silenziosamente, togliergli una lama e tagliare le corde che legavano le sbarre della porta. Una volta uscite le guardie comunicò il suo piano ai compagni per sapere cosa ne pensavano.
     
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    "Se vogliamo tentare qualcosa non resta molto tempo. Verranno presto per allontanare un altro di noi."
    mormorò sottovoce il medico scuotendo il viso per le condizioni dell'ausiliario.

    Aveva notato che gli schiavisti portavano via due tipi di prigionieri: quelli più robusti e quelli troppo indeboliti.
    L'illirico sarebbe stato il prossimo non riuscendo a riprendersi da quello stato catatonico in cui verteva ormai da troppo tempo, sembrava totalmente estraniato come se avesse un velo davanti agli occhi.

    Poteva supporre che i prigionieri più robusti avrebbero avuto in sorte qualche arena clandestina, mentre gli altri sarebbero stati venduti come servi a buon mercato. Non avevano molto tempo per cercare di forzare il Fato a loro favore.
     
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  15. OTDEversor
     
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    Non gli restava che imboccare con molta attenzione il corridoio libero.. Il portale doveva essere il luogo da cui era tornato. Chissà dove era finito.
    Sicuramente qualcuno aveva esplorato quei corridoi.

    Avanzo con le luci "vicine" con tutta l'attenzione possibile, tutte le prove possibili.
    Una prova anche sugli strati rocciosi per capire se è un tipo di roccia che mi pare nota in qualche modo.
     
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324 replies since 11/10/2016, 12:05   3336 views
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