Ave Cesare! - Atto V

[Narratore Montecristo] - Agite pro viribus

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  1. Azeot
     
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    Tito accetto' la stretta e la ricambio' con vigore. << Ed allora procediamo assieme sulla strada che gli Dei hanno serbato per noi. >>
    Tito si volto' poi verso Valeria. << Domina, i miei piu' sentiti ringraziamenti vanno anche a voi, per averci supportati fin qui. Non ci sarebbe nessun disonore per qualcuno della vostra nobilta' e professione se voleste ritornare a Roma, nemmeno il Legato oserebbe metterlo in discussione. >>
     
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    Valeria ascoltò lo scambio di battute tra i due uomini con la sua solita calma, alle parole di Tito sorrise, un sorriso gentile e sereno.
    C'era ancora così tanto da vedere, non era giunto il tempo di tornare a casa. Flavio lo sapeva e il medico aveva intravisto la sua caratteristica chioma bionda nel sole nascente. Avrebbe viaggiato e vissuto attraverso gli occhi di lei.
    "Non ci sarebbe disonore, ma lasciate che Roma resti ancora un sogno distante per me. C'è ancora così tanto da vedere..."
    Preferiva restare con quegli uomini e curare le loro ferite.

    "Mi affascina questa terra così diversa da quella in cui sono cresciuta e posso esercitare la mia professione occupandomi delle vostre ferite."
    Ammise sincera. Dovevano solo trovare il modo per rendersi utili agli occhi del Legato.
     
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    Decisi a rimanere i quattro compagni dovettero trovarsi un posto per dormire.
    Valeria si reco’ nei locali riservati al personale medico. Inizialmente la sua entrata e presentazione venne accolta da sguardi dubbiosi. Sguardi a cui ormai era abituata. La sua appartenenza ai sacerdoti di Apollo, come sempre, le fece superare ogni diffidenza.
    Titus trovo’ la sua sistemazione tra gli ufficiali, mentre Septimus w Wulfhad dovettero recarsi nella zona degli ausiliari.
    Il clima era caldo e secco, cosa a cui ormai erano abituati.
    Le giornate erano un’interminabile susseguirsi di esercitazioni, corvee, guardie e ozi.
    Il legato sembrava essersi dimenticato di loro e i quattro superstiti non fecero nulla che attirasse su di loro l’attenzione di qualcuno.
    In compenso nella cittadina circolavano voci sul perchè si trovassero li e cosa si stava preparando.
    I cosiddetti Regni Neri del sud sono in fermento come non si vedeva da 100 anni a questa parte. Le popolazioni selvagge di queste regioni si stanno pian piano ribellando ai domini dell’Impero e i suoi confini sono diventati incandescenti. L’aria porta odore di guerra imminente. Si dice che i Regni Neri, divisi da guerre intestine e da odi tribali, abbiano trovato un grande stregone che li ha unificati per scacciare l’oppressore romano.
    L’Imperatore, deciso a soffocare la rivolta sul nascere, sta mandando molte truppe a tenere e a difendere i confini. In particolare il compito assegnato dall’Imperatore è quello di penetrare le linee nemiche e distruggere la fonte di potere che le tiene unite; ovvero il grande stregone.
    L’esercito sta facendo rifornimenti in vista della prossima partenza. Questo è l’ultimo avamposto civilizzato noto.
    Tutti stanno aspettando che il legato dia l’ordine di partire verso le zone nemiche. E’ noto che questa sarà un impresa difficile ma memorabile se portata a termine, ma solo metà delle truppe probabilmente farà ritorno. I terribili selvaggi dei Regni Neri, chiamati anche demoni neri, sono guerrieri temibili, usano frecce avvelenate che creano spasmi violenti nelle vittime e portano alla morte in poche ore.
    Si dice adorino divinità blasfeme i cui terribili idoli rappresentino solo in parte gli orribili connotati, si dice anche che siano cannibali e che adornino le capanne dei loro villaggi con i teschi degli avversari sconfitti.
    I quattro sopravvissuti appena possono si ritrovavano intorno a un tavolo nell’unica osteria del posto a bere vino di scarsa qualità
     
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    Septimus si era ben inserito tra le file degli ausiliari.
    Anche i legionari sembrava lo accogliessero bene. Se c’era da fare qualche bevuta o gioco cameratesco era sempre ben accetto
    Valeria veniva guardata con rispetto da colleghi e uomini dell’esercito.
    Chi aveva piu’ difficolta’ era Titus.
    Niente di apertamente ostile. I subalterni gli concedevano il rispetto dovuto al suo rango e alla sua posizione. I pari grado lo salutavano come si doveva, ma in qualche modo tenevano le distanze.
    Con pazienza e tempo Titus fini’ per capire che a storia di loro quattro era circolata per Suenet ed era stata accolta in maniera diversa a seconda del grado.
    Per soldati e centurioni loro erano degli eroi, uomini e donne che erano riusciti a scampare ad un destino amaro, riscattando con la loro fuga e il sangue versato il disonore di una rovinosa sconfitta. Uomini con cui combattere era una garanzia, ben voluti dagli dei.
    Diverso era la reazione degli ufficiali, forse per timore del legato.
    Valeria fu determinante per riuscire a sapere che il legato a capo della VII Gemina era il piu’ neutrale nei loro confronti. Qunto meno non aveva proferito parola in pubblica sui quattro sopravvissuti.
     
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    Septimus non si sarebbe mai aspettato quell'accoglienza. Forse era la curiosità per le due machaerae, segno evidente della lunga esperienza nell'arena. Il fatto poi che lui fosse uno dei pochi nati nell'Urbe e che avesse fatto parte del mitico Ludus Magnus, tra legionari ormai provenienti da tutte le parti dell'impero, destava senz'altro un interesse notevole nella noia delle giornate passate più che altro a tenere in ordine e in efficienza l'equipaggiamento. Ovviamente non fece parola della XXX Ulpia Victrix e si godette questa popolarità facendo nuove amicizie soprattutto fra gli ausiliari. Non era raro, tra l'altro che accettasse di allenarsi con qualcuno di loro nel combattimento con spade di legno, la qual cosa lo aiutava a crescere nella stima generale.

    Edited by Daerred - 13/3/2018, 00:52
     
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    Erano i benvoluti degli Dei, o almeno era questo che credevano i soldati semplici. Sopravvissuti in cattività, sfuggiti ai loro carcerieri grazie ad astuzia, determinazione e coraggio, solo dei favoriti agli Dei sarebbero stati in grado di simili prodezze.
    Valeria non smentiva queste voci, ma era prudente a non infiammarle troppo.

    Il Legato restava neutrale nei loro confronti, ma l'atteggiamento sbagliato poteva ribaltare quella neutralità in disprezzo e non potevano permetterselo. Il medico continuava ad occuparsi dei feriti e delle malattie, usata i suoi Doni di Apollo con parsimonia e prudenza perché non voleva attirare troppo l'attenzione. Dovevano restare pazienti e comportarsi in modo impeccabile, solo così avrebbero avuto una possibilità di venire reintegrati in modo ufficiale dal Legato.
     
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  7. Azeot
     
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    L'approccio di Tito fu di fare quello che aveva sempre fatto anche ai tempi della campagna di Dacia. Si creo' una routine giornaliera di allenamento con spada e lancia assieme con altri cavalieri. L'ordine equestre non gli imponeva le stesse restrizioni sociali di un patrizio, quindi cerco' di socializzare le sere con suoi pari e soldati comuni, anche se, chiaramente, con questi ultimi non allo stesso modo di Septimus. Era perfettamente conscio delle difficolta' e delle ragioni da cui queste scaturivano, ma con tempo, pazienza e dedizione anche monti potevano diventare colline. Doveva mantenere il rispetto del soldato comune e guadagnare quello degli ufficiali dimostrando di essere a sua volta in soldato ed un veterano, prima che il figlio di una ricca gens italica.

    Quando seppe del legato della VII Gemina, i suoi sforzi furono concentrati soprattutto in quella direzione. Se fossero riusciti a farsi notare in maniera positiva dai suoi subalterni, c'era una possibilita' che l'atteggiamento neutrale nei loro confronti cambiasse, oppure che, almeno, venissero riconosciuti i loro meriti oggettivi e gli fosse data l'opportunita' di cavalcare con la legione nell'imminente campagna.
     
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    Mentre le giornate si susseguivano in maniera ripetitiva e noiosa, gli sforzi di Titus erano mirati nel trovare un contatto con il legato della VII Gemina.
    La cosa migliore era trovare un tribuno dell’ordine equestre e infatti riusci’ a conoscere Publio Manlio Rufio.
    Incontrandolo costantemente in esercitazione e in libera uscita, non ebbe eccessive difficolta’ a socializzare. L’uomo sembrava aperto e franco e non dare peso alla nomea che si erano portati dietro Titus e gli altri.
    Al momento opportuno racconto’ la loro storia, le vicissitudini della prigionia e come fossero scappati.
    Il tribuno rimase particolarmente colpito dal racconto della lotta necessaria ad evadere e come si erano aperti la via di uscita nelle grotte.
    A quella reazione Titus ritenne giunta l’ora di avanzare la sua richiesta, un colloquio con il legato della VII Gemina.
    A quelle parole lo sguardo del suo interlocutore si rabbuio’, ma non sembrava aver chiuso del tutto le porte, cosi’ il pretoriano, con un certo impegno riusci’ infine ad ottenere la promessa di una intercessione per un incontro con il legato.
    Titus dovette aspettare una settimana prima di avere notizio, ma infine Publio lo avvertì che l’indomani si sarebbe dovuto presentare presso i quartieri della legione per incontrare Gaio Simplicio Lemonio
     
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  9. Azeot
     
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    Tito fu sicuro di presentarsi al suo meglio, con abiti puliti e metallo scintillante. Era la sua occasione; l'unica, che aveva coltivato giorno dopo giorno. Doveva guadagnare ai tre compagni un posto nella legione, oppure non sapeva cosa sarebbe successo una volta che la campagna fosse iniziata.
    Si presento' ai quartieri in anticipo rispetto all'ora stabilita, per salvaguardarsi da imprevisti, e attese pazientemente di essere introdotto al legato.
    Onestamente non aveva granche' idea di cosa aspettarsi, la situazione era cosi' insolita che esulava dalla sua esperienza e, si sentiva di pensare, probabilmente anche da quella del legato. Preoccuparsi quindi non avrebbe aiutato. Cerco' di mantenere la mente tranquilla e sgombra da preoccupazioni. Quella non era altro che l'ennesima battaglia ed aveva vissuto di peggio.
     
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    Il legato Gaio Simplicio Levonio era un po’ piu’ basso di Titus, teneva una cotta barba scura ben curata, soffriva di calvizie, avendo solo la corona di capelli, un po’ come Scipione l’Africano, e lo sguardo severo.
    Quando Titus entro’ era seduto al tavolo a leggere alcune carte, forse rapporti, a cui dedicava la massima attenzione.
    Anella stanza oltre al legato c’era anche Publio Manlio Rufio.
    Il pretoriano esegui’ il saluto e rimase in attesa.
    Fu Publio a prendere parola: < Signore, ecco il tribuno Titus Verginius Luci >.
    Il legato fini di leggere, quindi alzo’ lo sguardo su Titus. Mentre lo osservava mise da parte il pairo.
    < Ho sentito molto parlare di voi, sia bene sia male.
    Siete riusciti ad essere famosi. Non mi stupirei se i vostri nomi fossero arrivati fino alla cerchia dell’Imperatore.
    >
     
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  11. Azeot
     
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    Tito presento' il saluto miliare al legato prima di rispondere.
    << Guadagnare notorieta' in questo modo non era fra le nostre intenzioni, signore. Le circostanze ci sono state avverse, ma abbiamo fatto del nostro meglio per superarle e svolgere il nostro dovere nonostante cio'. >>
     
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    < Immagino.
    Ora, tribuno, veniamo al punto, perche' ha voluto questo incontro?
    >
     
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  13. Azeot
     
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    << Io e gli altri sopravvissuti ci troviamo in una situazione precaria. Non siamo ancora stati reintegrati in una legione e questo ci rende impossibile riconquistare il nostro onore. Sono qui per chiedere di essere integrati nella VII Gemina per la durata della campagna. >>
     
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    Il legato non sembro' sorpreso dalla richiesta, ma nemmeno era pronto ad accoglierla.
    < Non avete la fiducia del comandante della spedizione.
    Inoltre rimanere in disparte non dovrebbe porvi problemi, rimarreste probabilmente qui, al sicuro, invece di rischiare la pelle con i Diavoli Neri.
    >

    Edited by Montecristo - 16/4/2018, 14:01
     
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  15. Azeot
     
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    << Signore, se avessimo voluto rimanere indietro al sicuro avremmo preso il primo battello per Alexandria. Se prima del nostro onore dovremo anche riconquistare la fiducia del Legato e degli altri ufficiali, cosi' sia. >>
    << Ognuno di noi e' un veterano della campagna di Dacia e non teme la prima linea. Cosi' come mi guadagnai la fiducia di Traiano ed il simbolo dello scorpione portandogli la salma di Decebalo ad Apulon, cosi' faro' nuovamente se necessario portandogli la testa di questo stregone, fosse anche con il mio ultimo respiro. >>
     
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