Parassiti. Ratti. Senza casa.
I nomi con cui lui e la sua famiglia venivano chiamati erano molti, e sempre tutti negativi.
I più maliziosi sostengono che i loro antenati furono sostenitori della magia arcana, prima della grande sommossa.
Quale che sia la verità, la stirpe dei Knubble, se di stirpe si può parlare, è ormai ridotta ad un pugno di familiari, fuggiti o forse esiliati dalle proprie case, che si sforza di sopravvivere con il duro lavoro e che lotta costantemente contro chi (e sono in molti) punta il dito verso di loro.
Questo astio in particolare provocò una rottura in due rami della famiglia, Torion ed i suoi genitori erano il lato più tollerante e volenteroso, mentre i suoi zii e sua cugina erano i più rancorosi e turbolenti.
La vita era piuttosto difficile al Borgo del Pozzo Rosso, un piccolo paese a ridosso delle montagne che deve il suo nome alla vicina miniera di rame.
Si narra che, tempo addietro, questa zona fosse abitata solo per la presenza di un pozzo di acqua; attorno ad esso sorse dapprima una rozza stazione di sosta per mercanti, viaggiatori e pastori, poi si ampliò con un emporio, la prima casa (del proprietario dell'empirio) e poi, all'aumentare del traffico per quel luogo sorsero altri negozi più specializzati, molte più case e quindi specifiche attività per il sostentamento di tutte quelle persone.
Pare che un giorno, durante degli scavi per ampliare il pozzo, venne scoperto un filone di rame sotto quelle montagne.
Quando il sole era allo zenith, la luce veniva riflessa dal metallo sotto l'acqua, dando l'impressione di un fiume di lingue di fuoco che scorresse sotto la terra.
Da qui il luogo cominciò a prosperare come accampamento minerario, d'altronde da Zoshenheim si commercia principalmente ferro, e comunque un accampamento del genere alleggerì un po' gli oneri del commercio esclusivo coi nani.
Quei giorni sembravano però passati, a quanto pare nessuno ricordava nemmeno l'ultima volta in cui fossero arrivati dei nani ad ispezionare la miniera, le sue potenzialità, il suo sviluppo.
Che questa storia fosse vera o no, Torion e i suoi erano tutto il giorno a spaccare roccia nella cava.
Quella non era vita vera, quella era una schiavitù bella e buona, loro non potevano permettersi di andare via, così erano costretti a quel lavoro massacrante e senza un futuro.
Il poco tempo libero, i genitori del ragazzo lo passavano al piccolo tempio di Ilmater, il dio sofferente, per cercare sollievo dalle fatiche e dai dolori quotidiani; essi spronavano il figlio a fare lo stesso, il quale li seguiva con riluttanza.
Egli trovava invece più conforto nella filosofia di Lathander, il portatore dell'alba, della rinascita, dell'atleticità; sperava che anche per lui, anche per la sua famiglia, ci fosse un'altra possibilità, la speranza di una vita diversa.
L'altro lato della famiglia non appariva molto religioso, sprezzante delle "false promesse e aiuti" degli dei; si erano sentite delle voci però che li dipingeva come adoratori di Gargauth, una semi-divinità di tradimenti, rivolte e corruzione, la cui chiesa somiglia più ad una setta segreta.
Forse anche per questo motivo erano così mal visti dagli altri.
Un giorno passò dal borgo un piccolo gruppo di soldati.
Sembravano alla ricerca di reclute, persone particolarmente robuste e in forze, anche più delle normali forze armate.
Dissero che chi fosse riuscito a superare l'addestramento sarebbe diventato un membro di un ristretto ma ben armato gruppo da assalto, una unità speciale dell'esercito imperiale.
L'impero...e chi mai l'aveva visto l'impero. Ciò che colpì subito Torion fu la promessa dell'onorario che avrebbero guadagnato come soldati e le attenzioni che uno degli ufficiali sembrò dedicargli; in effetti lui rispondeva ai requisiti: era più robusto e forte della media, abituato alla fatica continua e con il desiderio di cambiamento.
Il giovane decise di partire, desideroso di poter cambiare la vita propria e dei suoi genitori almeno, se non anche quella degli zii.
Viaggiò con la compagnìa, venendo addestrato a sfruttare al meglio la propria forza e possanza con precisi e letali colpi con armi a due mani.
Gli vennero anche insegnati il nanico e l'elfico, entrambi linguaggi molto usati in ambito marziale (in realtà l'orchesco è forse più usato dell'elfico, ma il primo condivide l'alfabeto con il nanico, mentre gli elfi hanno una tradizione guerresca piuttosto antica e anche se non se ne vedono più molti di questi tempi, la tradizione è rimasta).
Il suo tempo con la compagnìa era destinato però a scadere.
Durante i loro viaggi, arrivarono alle orecchie del giovane voci su una tragedia accaduta al Borgo del Pozzo Rosso, qualcosa che aveva a che fare con la miniera.
Temendo per la salute dei propri cari, Torion partì per tornare a casa, anche se ciò volle dire abbandonare la compagnìa.
Quello che scoprì sul luogo del disastro lo lasciò a pezzi: delle piogge inaspettate fecero franare la montagna dritta nella cava che, facendo come da secchio, si riempì di detriti e fanghiglia, non lasciando scampo a chi vi stava lavorando in quel momento.
Si vociferava che fosse tutta opera di alcuni agenti di Gargauth, ma non diede peso a simili congetture.
Dei suoi familiari non v'era traccia, ne dei suoi genitori, ne dei suoi zii.
Dopo aver passato del tempo in lutto, capì che quel luogo non gli apparteneva più, avrebbe dovuto trovare una nuova casa, per sè.
Iniziò a viaggiare, offrendo i suoi servizi da soldato (almeno l'addestramento l'aveva conservato) ove richiesti, dalle bande di mercenari alle milizie locali, finchè non arrivò al Borgo del Salice Spezzato dove si fermò per qualche tempo, prendendosi una pausa dal mondo.